salvataggio eroico

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  1. marinamarina
     
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    Vola per 30 metri nella grotta sul Monte Stena, cane salvato
    Il pastore meticcio per sei ore è rimasto lì sotto al buio, poi si è calato un veterinario
    di Matteo Unterweger
    SAN LORENZO. Un volo di trenta metri. Poi, oltre sei ore passate, da solo, al buio della cavità di San Lorenzo sul monte Stena. Ma alla fine, da questa brutta avventura, ne è uscito miracolosamente e fortunatamente vivo. Messo in salvo dall’i ntervento di una task force composta da Soccorso alpino, speleologi, alcuni amici degli stessi esperti intervenuti e un veterinario calatosi per la prima volta nella sua vita in una grotta completamente imbragato. Protagonista di una domenica tutt’a ltro che tranquilla è stato suo malgrado, ieri, Lacky, un cagnone bianco di 10 anni, meticcio pastore, frutto dell’incrocio fra labrador e pastore della Brie.

    In mattinata, l’animale stava camminando al fianco della sua padrona, Tiziana, e di un’amica di lei, nella più classica delle passeggiate domenicali all’aria aperta. Attorno alle 11, lungo il sentierino che costeggia il costone carsico partendo dal piazzale alle spalle della chiesetta di San Lorenzo, Lacky è però improvvisamente sparito. Scomparso nel nulla: le due donne non l’h anno più visto. Né sentito: il cane non ha abbaiato, ululato, guaito. Niente, nemmeno nelle successive sei ore abbondanti. «Si è sganciato, dieci secondi prima era al passo - ricorda Tiziana -, è addestrato, non si allontana mai. L’abbiamo cercato tutto attorno per due ore ma subito ci siamo insospettite pensando potesse essere caduto in quel buco». Lo sguardo della donna, a quel punto del racconto, si rivolge all’apertura in superficie della cavità di San Lorenzo, uno spazio del diametro di circa cinquanta centimetri che si fa largo fra le rocce e poi si allarga nel sottosuolo. Lì, è finito Lacky, volando in caduta libera per trenta metri, nel pozzo della cavità. «Un buco non coperto, appena a due metri dal sentiero. È pericoloso, va segnalato», aggiunge Tiziana, ancora scossa per l’accaduto mentre gli angeli della squadra di soccorso hanno già messo in salvo l’animale. Che, riportato all’aperto, è coperto da una sacca blu, sedato. E soprattutto è vivo. Sono da poco trascorse le 17.30, è meta pomeriggio, quando l’intervento può dirsi completato. La proprietaria del cane era riuscita, alcune ore prima, a contattare grazie ad alcuni conoscenti il responsabile del Soccorso alpino di Trieste, Andrea Orlini. «Ci sono stati altri casi del genere in passato - spiega lo stesso Orlini -. Allora, ho attivato la procedura prevista: sono arrivati gli speleologi e abbiamo completato le ispezioni necessarie. Una volta capito che il cane era là giù, ancora vivo, abbiamo chiamato il veterinario tramite il 118». Così, Andrea Zordan, di turno per il servizio di guardia medica veterinaria provinciale, si è precipitato sul posto. Gli speleologi l’hanno imbragato («È stato il primo intervento del genere per me, si è trattato solo di gestire l’ansia», ha specificato il dottore a operazione conclusa), per calarlo nella grotta. Dove l’equipe è rimasta per due ore. «Il cane era sotto choc - continua Zordan - ma era sveglio e camminava. Quindi l’ho sedato per consentirne il recupero. Ora bisognerà effettuare gli esami per accertare che non abbia gravi problemi fisici o fratture». Per questo, Lacky è stato portato in clinica, alla “ Tergeste” di via D’Alviano: «Sembra ancora in forte stato di choc, lo stiamo reidratando e per ora la prognosi è riservata. Comunque si alza da solo e cammina. Bisognerà aspettare in ogni caso domani (oggi, ndr) per capire esattamente quali siano le sue condizioni», ha aggiunto successivamente Zordan, in serata.

    Oltre a Orlini e Zordan, vanno segnalati anche i nomi dei componenti della squadra speleologi del Corpo nazionale soccorso alpino speleologico intervenuti poco lontano da Basovizza: si tratta del capostazione Davide Crevatin, che ha operato in esterno, del vicecapostazione Paolo De Curtis e del volontario Riccardo Corazzi. Tecnicamente, quindi, l’operazione di recupero ha visto collaborare cinque persone.

    (da Repubblica di oggi)
     
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